Nata alla fine del 2019 per sviluppare nei giovanissimi (dai 7 ai 14 anni) l’interesse nei confronti della musica jazz attraverso un percorso formativo divertente e appassionante, la Jazz Campus Orchestra è un progetto di Fondazione Musica per Roma, in residenza presso la Casa del Jazz. Ne è anima Massimo Nunzi, musicista di grande preparazione sul piano esecutivo, compositivo ed anche didattico, visto che ha ideato un progetto davvero speciale, al quale collaborano Silvia Manco, Cristiana Polegri, Andrea Di Renzi e Marco Motta.
Domenica 22 maggio (ore 14:30) l’Auditorium Sinopoli ospita i due ensemble che compongono la Jazz Campus Orchestra – suddivisi in base all’età tra Kids e Junior – in un concerto nel quale Massimo Nunzi presenta il suo lavoro, in vista di una concreta ipotesi di collaborazione didattica con la Scuola.
Raggiunto via Skype, Massimo Nunzi ci ha parlato del suo progetto.
“Da tempo ho iniziato a lavorare per coniugare il jazz all’insegnamento della musica ai bambini; nel jazz si manifesta infatti un particolare interscambio tra complesse articolazioni ritmico-armoniche e dato istintivo, un ottimo sistema per far evolvere la capacità di apprendimento dei piccoli.
Anche se ho dedicato un intenso lavoro alla scrittura per il teatro d’opera e per il cinema, la musica jazz ha una parte molto importante nella mia vita: ho scritto per Laterza “Jazz. Istruzioni per l’uso” e curato per Repubblica-L’Espresso la collana in 12 dvd “I grandi del jazz”, raccontando in video la storia della musica jazz attraverso i suoi protagonisti.
Il jazz è frutto di un lavoro compositivo con una ossatura robusta – contrariamente a quello che comunemente si pensa, ovvero che si tratti solo di improvvisare -, ma c’è anche una parte intuitiva che si nutre di una conoscenza pregressa di armonia, melodia e ritmo.
I bambini che abbiamo selezionato per la JCO non erano in grado, solo pochi mesi fa, di leggere bene la musica, ed inoltre abbiamo lavorato spesso a ranghi ridotti a causa dei contagi e delle quarantene covid, ma in poco più di 30 ore questi ragazzi hanno messo su i pezzi che ascolterete nel nostro concerto, nove per l’ensemble Junior e sei per i Kids.
Il mio metodo di lavoro si basa su una scrittura semplice (la strada suggerita da Šostakovič, che componeva pensando anche ad esecutori non professionali nelle remote steppe russe), ma mai banali. Cerco di sorprendere i ragazzi con una scrittura armonicamente varia e molto cromatica, che non rinuncia a modulazioni ai toni lontani e soprattutto a soluzioni ritmiche articolate, suscitando in loro il desiderio di vincere la sfida.
I bambini si sono appassionati, anche grazie agli ascolti che ho suggerito alle famiglie di condividere con loro, ed hanno in poco tempo formato una vera comunità, nella quale si scambiano le foto dei jazzisti leggendari come facevamo noi con le figurine.
L’orchestra è un modello perfetto di società, proprio perché prevede differenze di ruoli che sono tutti ugualmente importanti. I ragazzi l’hanno capito bene, come anche hanno ben chiaro che lavorare in una struttura organizzata non significa privarsi della possibilità di emergere individualmente. Col jazz tutto questo è possibile, e si può dar spazio alla fantasia, col risultato di sentirsi forti come gruppo, ma anche come singoli. E questo ha positive ricadute sulla loro autostima, migliorando il rendimento scolastico e rendendoli più sicuri di se stessi.
Il jazz ha una ‘velocità’ di reazione che è la stessa degli smartphone, con i quali ormai – che ci piaccia o no – i ragazzi vivono in un rapporto simbiotico. Questa musica parla un linguaggio che riconoscono come il loro e suonandola si rinforzano, e soprattutto si preparano ad affrontare qualunque difficoltà ritmica o arditezza armonica.
Il repertorio che suoneremo comprende tre pezzi classici: Saint Louis Blues, che è il primo blues scritto nella storia della musica nel 1912, poi Manteca di Dizzy Gillespie e A Night in Tunisia di Dizzy Gillespie e Frank Paparelli. Gli altri pezzi sono miei, e ci tengo a far ascoltare tutto quello che i ragazzi hanno studiato in questi mesi perché credo che sia il risultato di un lavoro “scientifico”, di messa in moto della fantasia musicale dei giovanissimi che appartengono ad una generazione alla quale il mercato propone abitualmente una musica orizzontale e monotona.
Penso che un progetto didattico che utilizza il jazz come oggetto creativo sia una cosa rivoluzionaria anche perché, quando sono i bambini a suonare, si sprigiona una speciale energia spirituale. Venite ad ascoltare!”