A soli vent’anni era già primo corno dell’Orchestra del Teatro S. Carlo di Napoli, subito dopo a Lipsia, alla Mitteldeutscher Rundfunk, e dal 1995 primo corno dell’Orchestra del Maggio. L’instancabile attività di Luca Benucci comprende tutti i generi musicali, come solista, camerista e naturalmente ospite delle orchestre più prestigiose del mondo.
Da quest’anno è entrato nella “squadra” fiesolana, ed il suo corso di perfezionamento si è subito riempito di giovani e promettenti strumentisti.
L’abbiamo incontrato tra una lezione e l’altra, ed il suo appassionato fervore ha animato l’intera conversazione.
Com’è stato questo primo anno a Fiesole?
Sono molto felice! L’entusiasmo con cui ho accettato quest’incarico è stato ben recepito dai tanti allievi che sono confluiti qui: alcuni seguivano già le mie lezioni nei conservatori con cui ho collaborato negli ultimi anni (Cesena e Brescia), ma in questo momento considero Fiesole la mia seconda casa (ovviamente insieme al Maggio, dove però “abito” già da 22 anni…).
Questa scuola ha tanta storia e tanta qualità, ed è davvero un grande onore essere qui, dove oltretutto posso contare sulla presenza di colleghi importanti: ogni volta che entro nell’atrio della Torraccia guardo sul monitor chi sta insegnando nelle varie aule, e poi mando i giovani cornisti a sentire le lezioni di Natalia Gutman, o di Bruno Canino… Bisogna imparare da tutti e da tutto, questa è la mia convinzione più profonda, fin da quando, giovanissimo, a Chicago andavo ad ascoltare le lezioni di violoncello di János Starker: iniziavo alle sei del mattino a pianificare la giornata, approfittando di tutte le occasioni per ampliare le mie conoscenze.
Quindi anche per gli allievi disciplina rigorosa…
Esattamente. Devono imparare ad organizzarsi, perché hanno un piano di studio a casa che prevede otto ore di lavoro, di cui quattro dedicate alla tecnica e quattro per la musica. C’è tanto da fare, e il nostro programma comprende molte attività, che vorrei ulteriormente ampliare. Mi piacerebbe aggiungere prossimamente lezioni di yoga e consapevolezza corporea e avere la possibilità di invitare quattro o cinque colleghi, che vengano ogni anno a rappresentare le varie scuole strumentali del mondo.
D’altra parte il grande vantaggio di una scuola come questa è la struttura libera, che sono certo permetterà alle mie idee di trovare più facilmente accoglienza.
Spero che presto potremo attivare anche il biennio, che sarà una grande opportunità, come lo è il triennio… Intanto sono qui per 4 giorni ogni mese, e la mia classe conta 21 allievi.
In che modo ti rapporti a loro?
Insegnando in tutto il mondo, ho collezionato informazioni che riguardano le varie scuole: in Ungheria ed in Russia ci sono grandi virtuosi, negli Stati Uniti grandi esperti di aria, di suono e del concept dell’orchestra. Ho preso qualcosa da tutti, e alla fine ho creato una mia scuola, ma tutto è partito da un suggerimento di Zubin Mehta, che una volta mi disse: “Sei molto bravo, Luca, sei un campione del tuo strumento, ma… dovresti imparare a donare amore, attraverso la musica”. Evidentemente il Maestro sentiva che in quel periodo ero un po’ chiuso, non riuscivo a sbocciare…
Mi ha consigliato letture sull’amore, da Erich Fromm al filosofo indiano Krishnamurti, per il quale nutre una speciale predilezione. Così mi sono messo a leggere e studiare, ma anche a fare meditazione, yoga… e piano piano credo di aver trovato la chiave giusta per fare in modo, suonando, di donare me stesso, la mia arte e la mia energia a chi mi ascolta.
Questo insegno ai ragazzi, e credo sia fondamentale anche per superare la paura dello strumento, della performance, del suonare o della tecnica… bisogna riuscire ad arrivarci tramite la voce, cioè il canto, la respirazione, la concentrazione. La mia scuola si chiama infatti ABC.
Ovvero?
A come aria, B come blowing e buzz (cioè soffio e vibrazione delle labbra senza l’uso dello strumento), C come canta. Componente essenziale del lavoro sono gli spirometri, che servono per aumentare la capacità respiratoria e per suonare con il bocchino, visualizzando l’aria grazie al movimento di una pallina all’interno dell’apparecchio… una ginnastica polmonare e muscolare utile per allenare allievi e professionisti!
Faccio fare anche esercizi che avvicinano la tecnica cornistica a quella del canto, e l’anno prossimo vorrei poter interagire con un insegnante di canto, perché per noi è fondamentale.
L’efficacia del metodo è provata: solo negli ultimi quattro anni i miei allievi hanno vinto 45 audizioni! So di essere stato fortunato, perché ho avuto grandi maestri, e da ciascuno ho preso elementi utili ad arrivare ad una filosofia dell’insegnamento che mi dà oggi grandi soddisfazioni.
Direi proprio di sì, quindi… avanti tutta!
Con grande piacere ed entusiasmo: sono convinto che sia importante trascorrere molto tempo con gli allievi e creare una vera e propria comunità, in allegria. Chiamiamo la nostra classe corfraternita (cor è il nome francese del corno), e ci siamo dati dei nomi: io sono Fra’ Seggio, ma abbiamo Fra’ Lenuvole, Fra’ Cassato (che si è rotto una gamba), Fra’ Stagliato e anche Fra’ Ppè (che si chiama Giuseppe).
Tutti devono essere presenti per tutta la durata del corso, cioè quattro giorni ogni mese. Spesso aggiungo lezioni anche il lunedì (senza chiedere niente in più alla Scuola). D’altra parte ci sono alcuni allievi che vengono dall’estero, dove sono abituati ad avere due lezioni alla settimana… non posso lasciarli soli, sento molto forte la responsabilità della loro formazione.
Ad agosto offrirò alla classe quindici giorni di vacanza con me sulle Alpi Apuane, dove abiteremo insieme in una casa, studieremo e scriveremo collettivamente un libro.
Ognuno degli allievi sarà incaricato di curarne un capitolo, e ho già contattato una casa editrice che lo stamperà.
Qualche volta ho insegnato anche ad altri strumentisti, e sono molto felice che tra coloro che ho seguito una tromba sia oggi al Concertgebouw, un fagotto ai Berliner, un trombone alla Scala, una flautista a New York… penso di averli aiutati a trovare la chiave per esprimersi al meglio.
Comunque, qui a Fiesole abbiamo appena iniziato, e il percorso che ho immaginato prevede cinque anni di lavoro, per il raggiungimento dell’obiettivo finale.
Quindi il tuo corso dura cinque anni?
È una durata teorica, e dipende dall’interesse e dalle capacità di ciascuno; ad esempio, dopo solo un anno, Fabrizio Giannitelli ha già vinto il concorso ed è terzo corno alla Scala.
E pochi giorni fa, al Concorso Rossini International di Pesaro ha vinto Louise Sullivan, un’allieva irlandese che è qui grazie a Erasmus+, mentre al secondo posto è arrivato un altro mio allievo, Giacomo Giromella, che è anche il filosofo della classe, studia greco antico e suona molto bene.
La compagna di suo padre è stata prima ballerina alla Scala, e quindi ho chiesto a Giacomo di farla venire ad aiutarci per l’uso del corpo. Vorrei avere numerose collaborazioni di questo tipo: sono certo che siano di grande utilità.
Quest’anno hai avuto un visiting professor…
Sì… è stato con noi Dale Clevenger, dalla Chicago Symphony. È stata per tutti un’esperienza fantastica, e mi ha confermato nell’opinione che sia importante offrire ai ragazzi una panoramica il più possibile ampia delle scuole strumentali del mondo.
Quali sono stati i tuoi punti di riferimento?
Ho avuto la fortuna di incontri importanti fin da giovanissimo: a 15 anni mi sono trovato a fare le musiche di scena per Vittorio Gassman, ed è stata una grande scuola; andavo alla Bottega Teatrale a Porta Romana anche quando non ero direttamente impegnato, solo per ascoltare le lezioni e le prove, e osservare da vicino l’uso espressivo che Gassman faceva della voce e del corpo.
Nel 1987 sono andato a Chicago per studiare proprio con Dale Clevenger: da lui ho imparato moltissimo, e grazie a lui ho incontrato anche il suo maestro, che era Arnold Jacobs.
Una figura quasi leggendaria…
Proprio così: è la persona che mi ha aperto tutte le strade.
Era il tubista della Chicago Symphony, che a seguito di un grave problema di salute aveva subito l’asportazione di un polmone; non si era arreso, anzi aveva studiato per superare questo handicap, e ci era riuscito meravigliosamente. Il suo libro, Così parlò Arnold Jacobs, è la bibbia della respirazione per tutti gli strumenti a fiato ed anche per i cantanti. Jacobs era un insegnante ricercato dai musicisti, indipendentemente da quale strumento suonassero. Era anche un grande psicologo, e dopo averlo incontrato ho sentito anch’io il bisogno di approfondire gli studi di psicologia.
Anche questo è importante, per insegnare…
Già… è quello che pensavo proprio ieri, mentre i miei allievi suonavano in pubblico in una villa sulle colline di Firenze; ho cercato di analizzare i loro pensieri durante l’esecuzione e oggi ho esposto a ciascuno le mie considerazioni e le mie soluzioni ai problemi che si erano presentati. Penso che questo potrà aiutarli.
Concentrando l’attività didattica sulla Scuola hai fatto una precisa scelta di campo
Precisamente. Per tanti anni sono stato in giro per il mondo con la World Brass Association, che organizza corsi e concerti nei cinque continenti. Ho lasciato per stare più vicino ai miei figli, che finivo per vedere solo su Skype, ed anche per privilegiare un diverso tipo di insegnamento, che segue gli allievi con continuità.
Questo non mi impedirà di continuare a viaggiare, e presto tornerò negli Stati Uniti per un giro che faccio ogni cinque anni nelle principali università, ma sono convinto di aver fatto la scelta giusta, concentrando la docenza qui a Fiesole.
Oltre che concertista e didatta, sei anche un infaticabile organizzatore…
Da 19 anni organizzo l’Italian Brass Week, un festival dedicato agli ottoni, che negli anni è servito da apripista per analoghi festival in tutto il mondo.
Inizialmente è stato ospitato a Cesena e a Bertinoro, poi a Santa Fiora sull’Amiata, e da tre anni si tiene a Firenze.
Qui ho trovato il giusto entusiasmo, sia da parte del Sindaco Nardella sia presso il mio teatro, il Maggio, dove la disponibilità del coordinatore artistico Pierangelo Conte è stata decisiva.
Quest’anno, per la XIX edizione, dal 22 al 29 luglio, ci saranno 19 artisti che faranno 19 concerti (le corrispondenze numeriche mi piacciono molto…), masterclass, lezioni individuali e conferenze.
Ci sarà un premio internazionale di cucina, intitolato Rossini nel piatto -un omaggio al grande compositore amante della cucina, nel 150° anniversario della morte- aperto a tutti. I non professionisti dovranno cucinare antipasti e primi, mentre i professionisti prepareranno secondi e dolci, in collaborazione con Cordon bleu, una delle più importanti scuole di cucina.
Il 28 luglio ci sarà l’evento clou del festival, con 15 musicisti su tre barche antiche dei renaioli, che si posizioneranno sotto il Ponte Vecchio; sulla banchina dei canottieri ci saranno invece 70 tra ottoni e percussioni, per una sessione musicale di grande impatto…
La serata finale vedrà invece la partecipazione di un dj che interagirà con gli ottoni.
Insomma, Italian Brass Week è una grande festa che coinvolge tutta la città, unendo musica e tradizioni storiche dei luoghi: ci sarà anche un flash mob con musica per cavalli, carrozze e ottoni (l’aveva già fatto Giovanni Battista Lulli…).
Il titolo che abbiamo scelto per l’edizione 2018 è Un crescendo di emozioni, in omaggio a Rossini ma anche all’obiettivo del festival, che è la crescita dei giovani strumentisti e dell’interesse di tutti verso gli ottoni e la musica.
Ci saranno anche i tuoi studenti?
Avranno l’opportunità di partecipare ai corsi, attivamente o come uditori: per tutti gli allievi della Scuola di Musica di Fiesole è previsto uno sconto del 10% sull’iscrizione. Spero anche nel contributo di qualche generoso mecenate che offra borse di studio ai più meritevoli.
Per coloro che non si sentiranno pronti a partecipare attivamente, potrà essere un’esperienza utile anche semplicemente svolgere il ruolo di tutor (ogni classe ne avrà uno).
L’anno prossimo sarà il ventennale…
Esatto! Vorrei ancora ampliare il festival, coinvolgendo attivamente anche la Scuola, e se possibile l’Accademia di S. Cecilia… mi piacerebbe organizzare di nuovo anche un concerto sulla Cupola di Brunelleschi che sta per compiere 600 anni, visto che la costruzione fu iniziata il 7 agosto 1420.
Un’ultima domanda… leggo nella tua biografia che sei anche un cuoco eccellente
Per mantenermi agli studi a Chicago facevo il cameriere, in un ristorante che si chiamava Stefani’s… molte ore di lavoro e poca soddisfazione. Così, una volta che il sous-chef (il secondo chef n.d.r.) si ammalò e dovette assentarsi a lungo, provai ad offrirmi di sostituirlo. Il proprietario del ristorante non mi prendeva molto sul serio ma, trovandosi in difficoltà, alla fine mi mise alla prova, chiedendomi di preparare una semplice pasta al pomodoro. La annusò soltanto, ne saggiò la consistenza con la forchetta e mi disse… di mettermi il grembiule!
Mi sono impegnato molto, per non deluderlo, e anche dopo quest’esperienza la passione è rimasta: ho letto tanti libri e cucino sempre con grande piacere.
Questo amore si è trasmesso anche ad uno dei miei figli, che oltre a suonare la tromba cucina meravigliosamente, mentre l’altro studia il corno qui a Fiesole col collega Alberto Serpente. Musica e cucina sono state compagne quotidiane per i miei figli, fin da quando erano piccolissimi, e sono sicuro che sia per tutti un ottimo viatico!