Alfredo Gasponi ricorda Piero Farulli
Al Maestro non l’ho mai detto, nemmeno quando lavoravamo alla sua biografia, ma da ragazzino suonavo nelle band rock e pop. Non gliel’ho detto perché lui, quella musica, non la sopportava. E non gli ho detto nemmeno – non l’avrebbe presa bene – che trovavo nella sua straordinaria storia con il Quartetto Italiano e nella creazione della Scuola di Fiesole lo stesso spirito e la stessa motivazione che spingeva tanti di noi ragazzi degli anni ’60 a riunirci in un garage o in una cantina, magari armati solo di tre o quattro accordi sulla chitarra e di un ritmo shuffle sulla batteria, ma pieni di entusiasmo per quel modo semplice di far musica in compagnia.
Questa cosa la ricordo semplicemente per dire quanto Piero Farulli fosse vicino alla sensibilità dei giovani, alla loro voglia di condivisione, di partecipazione, di aggregazione. Io dopo la band m’iscrissi al conservatorio e un momento chiave fu quando l’insegnante di solfeggio arrivò in classe con un disco. “È il Quartetto Italiano, il quartetto d’archi più grande del mondo”. Ma allora – pensai – non esistono solo i grandi direttori e i grandi solisti, i più famosi, i più attesi nelle stagioni di concerti, i Karajan, i Rubinstein, i Segovia! Tra i mei compagni, del resto, se molti aspiravano a una carriera solistica, una buona parte aveva come principale obiettivo la musica da camera o l’orchestra: però non era facile coordinare le varie materie, per cui in una lezione mettere insieme un complesso intero era sempre un problema.
Me ne sarei ricordato anni dopo, quando insegnavo storia della musica in conservatorio. Capitava spesso che un allievo mi dicesse: “La prossima settimana non posso venire, vado a Fiesole per i corsi di qualificazione professionale per orchestra”. Alcuni docenti erano contrari, facevano delle difficoltà. Ma i ragazzi partivano lo stesso. Erano orgogliosi di fare quella esperienza. Soprattutto erano felici di incontrarsi con compagni di tutta Italia, di stare insieme nella musica. E quella da camera, che il Maestro chiamava “la via regia all’orchestra”, era fondamentale per facilitare l’inserimento del singolo nel collettivo.
Anche in questo sta la modernità di Farulli: anche oggi che tutti siamo costretti al distanziamento fisico causa coronavirus. I tantissimi musicisti di ogni età che suonano e cantano collegandosi tra loro da luoghi diversi via internet testimoniano quanto siano forti l’amore per il gioco di squadra (orchestra, coro, duo, quartetto, band…) e il desiderio di tornare, il prima possibile, anche fisicamente vicini, in due allo stesso leggio.
Insomma: Piero è mille cose straordinarie, ma per me innanzitutto è la gioia di far musica insieme. E sottolineo insieme.
Alfredo Gasponi