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Intervista a Martina Chiarugi

Insegnante di viola, curatrice dell’ensemble Crescendo Molto e referente di importanti progetti inclusivi della Scuola, Martina Chiarugi ha molto da raccontare non solo della sua lunga esperienza fiesolana, ma anche del percorso di crescita di una donna colta e curiosa, che continua a cercare risposte percorrendo le strade della musica con coraggio e passione.

Come sei arrivata alla musica e alla Scuola?
La passione per la musica accomuna molti membri della mia famiglia, a partire dalla nonna paterna, diplomata in pianoforte, e dal nonno materno che sapeva suonarlo.
Quando ero molto piccola mia zia Giuliana tornò da un viaggio a Praga con un violino, acquistato in un negozietto che l’aveva incuriosita perché esponeva una quantità sterminata di oggetti legati alla musica. Il violino fu messo da parte, in attesa che io o mia sorella minore Giulietta iniziassimo a suonarlo.
Nel frattempo Piero Farulli e Adriana Verchiani stavano costruendo le basi della Scuola e nostra madre, amica di Adriana, seguiva da vicino la nascita dell’istituzione.

Così sei stata “arruolata”
L’esordio fu per entrambe nel coro di Joan Yakkey, su consiglio del Maestro, ma ancor prima avevo dato prova delle mie ‘’doti canore’’ alla scuola materna gestita dalle suore, dove i miei genitori mi avevano mandata dopo che ero fuggita (letteralmente!) dall’asilo comunale. Quando cantavo i più piccoli si acquietavano, e così dopo pranzo venivo issata sulla scrivania della suora e con la voce accompagnavo tutti al sonno. Ho un indelebile ricordo del mio cavallo di battaglia, una canzoncina triste che mi pare fosse nel film Capitani coraggiosi: “Oh oh pesciolino non piangere più…”.
Il coro di Joan Yakkey ci piacque moltissimo, anche perché partecipammo alla produzione de I due Musicanti (“Prendi pillole, troll, a ciascun pasto…”) che andò in scena al Teatro Romano. Ci divertimmo tanto, e ricordo che nell’ensemble orchestrale c’erano bambini bravissimi come Virginia Ceri e Leonardo Matucci.
Fu forse proprio Joan Yakkey ad un certo punto a consigliarmi di iniziare con uno strumento; non ero molto convinta di prendere il violino, ma quando mia sorella decise che lo avrebbe fatto lei, me ne appropriai con l’indiscutibile diritto della primogenitura.
Ricordo benissimo l’esame di ammissione, all’aula 3 del Villino, dove Piero Farulli mi prese in braccio davanti al pianoforte e suonò qualcosa che io dovetti riprodurre con la voce.
Lo feci e ricevetti un bacio e uno dei suoi buffetti che lasciavano il segno, accompagnato dalle parole: “Che Dio ti benedica!”. “Quindi sono morta, adesso?” risposi. Si mise a ridere mentre io, senza saperlo, avevo compiuto uno dei passi che si sarebbero rivelati decisivi nella mia vita.

Chi è stato il tuo primo insegnante a Scuola?
Marcello Puliti, giovanissimo neodiplomato in viola con Piero Farulli.
Era molto gentile e paziente, ed io ne approfittavo avvicinando lo strumento più come un gioco che come un serio impegno; studiavo poco e suonavo sostanzialmente ad orecchio.
Farulli monitorava i miei progressi considerandoli non adeguati, ma neanche questo era per me allora motivo di un incremento dell’impegno.
Proseguivo senza troppo entusiasmo quando, intorno ai 12 anni, fui convocata nell’Orchestra dei Ragazzi, diretta allora da Mauro Ceccanti. Le prove erano di domenica mattina e si tenevano nell’aula Torre (i numeri erano ben più esigui, allora!). Ricordo come fosse ieri il mio babbo che mi accompagna fino all’ultima rampa di scale ed io che apro la porta, sento la musica e penso… “Cos’è???”
Non avevo mai fatto musica d’insieme, fino a quel momento, e l’ascolto dei concerti dal vivo non mi aveva coinvolta in modo così intenso. I viaggi in macchina con i miei genitori erano accompagnati dalla musica di Bach e Mozart – gli amori di mio padre – che piacevano moltissimo anche a me, ma da uditrice!
Così ho salito quelle ripide scalette emozionatissima, e nel giro di cinque minuti, col violino accordato da Leonardo Matucci che oltre ad essere diventato intanto la spalla dell’Orchestra dei Ragazzi era popolarissimo tra le allieve, mi sono trovata immersa in una realtà meravigliosa, e ho finalmente capito il senso di quello che stavo facendo.

Da allora è stato più facile?
Certamente è stata una svolta, perché sotto la guida di Mauro Ceccanti da ragazzini abbiamo studiato e suonato in tutta Italia e anche all’estero, anche se le prove potevano essere un’esperienza emotivamente impegnativa, dato che i rimproveri non mancavano.
Ora che sono un’insegnante cerco di tenere ben presente questa memoria, visto che ho la tendenza a riproporre un po’ la severità che ho interiorizzato: ne sostengo ancora l’importanza, ma solo a patto che sia accompagnata dal sorriso e dall’incoraggiamento.
Certo anch’io avevo le mie responsabilità, non avevo gran voglia di studiare, le idee erano confuse e avevo una scarsa consapevolezza delle mie possibilità.
Intanto ero passata nella classe di Andrea Cappelletti, con cui mi sono trovata bene: grazie all’accuratezza delle sue indicazioni avevo cominciato a studiare con profitto, ma poi il mio insegnante lasciò la Scuola per qualche anno, e così cambiai di nuovo. Ricordo che arrivai all’esame di ottavo anno di violino senza sentirmi pronta. Il che forse è stato un bene…

In che senso?
In occasione del famoso preesame – una tappa allora fondamentale per essere autorizzati a sostenere gli esami da esterni in un conservatorio statale – dovetti sostenere a Scuola anche la prova di lettura con la viola. Non l’avevo preparata, e così fu Antonello Farulli a prestarmi il suo strumento e ad incoraggiarmi; lessi con gran timore le poche righe necessarie e vidi che Piero Farulli e Antonello sorridevano…

Così sei passata alla viola?
Più o meno… diciamo che ero in un periodo di crisi, stavo pensando di lasciare e dedicarmi con più tempo e convinzione all’università, ma proprio Antonello Farulli mi offrì una lezione di prova con la viola e decisi di approfittarne.
Mi prese per mano con la Seconda Suite di Bach e in quattro anni riuscii a fare tutto quello che non avevo fatto fino a quel momento, studiando giorno e notte per lo strumento e per finire gli esami all’università: il primo obiettivo fu l’esame di ottavo anno con la viola, ed intanto entrai nell’Orchestra Giovanile Italiana.

Quali ricordi hai dell’OGI?
Ancora una volta l’orchestra è stata per me un’esperienza travolgente, con compagni fantastici, tra cui strumentisti ora affermati come Marco Pierobon, Francesco Loi, Marco Giudici e molti altri di cui ho cari ricordi. Soprattutto però fu straordinario lavorare con i grandi direttori, tra cui Carlo Maria Giulini, di cui mi colpirono l’immenso carisma e un programma splendido con la Sinfonia in re minore di Franck e Ma mère l’Oye di Ravel.
L’ultimo concerto fu sotto la direzione di Riccardo Muti, che tutti attendevamo tremebondi: fu fantastico e indimenticabile, con un’emozione che ho rivissuto in orchestra da professionista, quando qualche anno fa ho partecipato all’esecuzione del suo Requiem di Verdi.
Della Giovanile ricordo anche l’impegno infaticabile di Angelo Faja, preparatore attento e spiritoso (che però poteva arrivare ad una brutale severità), dal quale ho imparato l’importanza per la cura di ogni aspetto del lavoro di un’orchestra.

Intanto ti sei diplomata
Ho sospeso l’attività OGI per questo, e l’anno dopo il diploma ho conseguito anche la laurea in Lettere e Storia della Musica all’Università di Firenze.
Nonostante le tante esperienze musicali non ero ancora certa di cosa avrei fatto, e così avevo continuato a tenere aperte parecchie porte. Perfezionai la viola a Imola con Jodi Levitz, un’insegnante bravissima che mi aiutò nella preparazione dei passi per le audizioni, e in breve mi ritrovai impegnata in un’intensa attività professionale in orchestra.
Ho collaborato con l’Orchestra Filarmonica Marchigiana, l’Orchestra della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste e l’Orchestra del Teatro Regio di Parma; ho fatto tanta musica da camera, in quartetto ed altre formazioni, e perfino partecipato (da giovanissima) a produzioni pop con personaggi di grande notorietà come Vasco Rossi e molti altri, incontrando musicisti veramente notevoli e fonte di ispirazione, anche fuori dall’ambito della musica classica.

E come sei invece arrivata all’insegnamento?
Ho iniziato sostituendo amici che insegnavano, soprattutto presso il Centro Studi Musica e Arte, in un momento in cui fare attività di supplenza era piuttosto semplice sul piano procedurale. Ricordo che desideravo approfondire l’approccio didattico all’infanzia, così partecipai ad un weekend intensivo di lavoro in cui Dorotea Vismara ci offrì spunti molto interessanti.
Il fatto più importante di quegli anni fu però l’incontro con Samuele Zagara, un pianista siciliano (ma fiorentino di adozione) che aveva iniziato un progetto di musica d’insieme dedicato ai ragazzi disabili alla Cooperativa La Fonte di Cercina, dopo aver frequentato un corso del Metodo Esagramma.
Samuele venne ad ascoltare un mio concerto in quartetto e mi chiese di collaborare al suo progetto come docente di violino e viola. Dissi di no, perché all’epoca ero spesso fuori e non mi vedevo impegnata stabilmente, però lui insistette perché andassi a sentire i suoi ragazzi.
Fu così che mi trovai qualche mese dopo al Teatro Le Laudi: era una sera piovosa d’inverno, e inizialmente tutto mi parve poco allegro, ma quando i ragazzi iniziarono a suonare rimasi folgorata. Non potevo credere che un ensemble composto esclusivamente da ragazzi disabili potesse creare qualcosa di così speciale con l’unico sostegno del pianoforte di Samuele.
L’ensemble era partito con percussioni e pianoforte, ma Zagara aveva voluto ampliare agli archi con l’aiuto della violinista Barbara Fiorini e della violoncellista Marilena Cutruzzulà, all’epoca mie compagne in quartetto. Ho iniziato così nel 2003 ad andare a Cercina per dare una mano, e intanto ho preso casa a Firenze e rallentato l’attività di collaborazione con le orchestre più lontane; per otto anni ho insegnato anch’io a quei ragazzi, imparando davvero tantissimo e facendo esperienze indimenticabili.

Continui ancora l’attività di docenza con i ragazzi disabili?
Non ho mai lasciato, anche se negli anni l’iniziativa ha subito varie modifiche: oggi si svolge nell’ambito dell’Associazione Astrolabio, che offre efficaci opportunità di socialità a bambini e ragazzi affetti da disturbi dello spettro autistico attraverso attività psicomotorie e acquatiche, e dà la possibilità di studiare musica e fare orchestra, sempre sotto la direzione di Samuele Zagara, grazie anche al sostegno di Dulcimer.
In questo momento partecipano all’orchestra una ventina di ragazzi, dagli 8 ai 26 anni, e qualcuno di loro riesce perfino a frequentare i corsi superiori.

E come sei tornata a Fiesole nel ruolo di docente?
Nel 2004 Antonello Farulli, che era coordinatore del dipartimento archi, mi chiese di aprire una nuova classe di viola. Non ero certa di accettare, ma alla fine dissi di sì; mi fu proposto inoltre da Adriana Verchiani (che aveva visto il lavoro che facevo a Cercina) di affiancare Brigitte Mancini, da qualche anno docente di un ensemble di archi bambini che allora si chiamavano Piccoli Musici. L’entusiasmo di Brigitte, la sua passione musicale, l’energia con cui portava avanti il lavoro del gruppo mi contagiarono: ho imparato tanto da lei, mentre interpretavo il mio ruolo, che consisteva nel mettere un po’ di ordine in quel tripudio di gioia. Ho accompagnato Brigitte come assistente per cinque anni, con molto impegno e grande piacere, approfittando della mia impostazione familiare piuttosto severa per inquadrare le truppe infantili.
Le cose andavano bene e in poco tempo i Piccoli Musici, che intanto divenivano Crescendo (una volta scoperta l’omonimia con un altro, simile gruppo torinese), crebbero di numero fino a doversi dividere in due gruppi, ed iniziarono ad essere molto richiesti.
Da aprile a giugno di ogni anno eravamo impegnati in vari concerti, nei contesti più diversi: dalla scuola elementare in periferia ai palazzi storici del centro nelle giornate di ADSI (l’Associazione Dimore Storiche), alla manifestazione di FILE (la Fondazione Italiana di Leniterapia), i piccoli archi fiesolani erano spesso al centro dell’attenzione e dell’entusiasmo di tanti ascoltatori.

Con una benefica ricaduta in termini di motivazione per i bambini, le famiglie e anche per voi insegnanti
Certamente, ma devo dire che per me la motivazione rimane forte indipendentemente dalle occasioni di performance; continuo a trovare nella musica d’insieme quella stessa situazione speciale che tanti anni fa mi ha emozionato mentre salivo le scalette dell’aula Torre.

E come andava invece l’insegnamento della viola?
Grazie al percorso fatto con Antonello Farulli avevo appreso un metodo di lavoro ben preciso, del quale mi ero avvantaggiata come strumentista, e che si è rivelato utilissimo nell’attività didattica. All’inizio fui raggiunta anche dal temuto monitoraggio di Piero, efficace per far stare ancor più attenti sia me che gli allievi, e poi pian piano ho trovato la mia strada, cercando di mediare tra un’attitudine abbastanza critica e severa che era nella mia educazione familiare e nell’esperienza che avevo fatto come allieva, e le tante opportunità speciali che, soprattutto a contatto con i ragazzi disabili, avevano contribuito a cambiare la mia visione della musica.
Presso la Scuola mi occupo prevalentemente del percorso preaccademico. Frequentano le mie lezioni individuali molti bambini e adolescenti, che cerco di sostenere nello studio e nella ricerca di una propria peculiarità musicale. Con gioia e soddisfazione posso dire di aver accompagnato, in 15 anni di docenza, molte violiniste e violinisti nel passaggio alla viola, di aver condiviso il loro entusiasmo (tanti di loro stanno proseguendo brillantemente Trienni e Bienni in viola con altri docenti), ma con altrettanta soddisfazione di aver formato violinisti in erba che poi hanno continuato il percorso accademico del violino in altre classi.
Anche la collaborazione con Brigitte Mancini, col suo atteggiamento che rimaneva positivo ed entusiasta anche se magari l’intonazione non era proprio perfetta, mi aveva aiutato ad alleggerire la pressione: negli anni mi sono accorta che la formula giusta è spingersi sempre un po’ oltre i limiti (dell’insegnante e degli allievi), alla ricerca di un equilibrio che non spenga l’entusiasmo.

Ti stavi preparando alla creazione del primo Nucleo orchestrale della Scuola alle Piagge
Certamente l’esperienza che avevo acquisito fu determinante per far sì che Adriana Verchiani, che desiderava fortemente dar vita al nuovo progetto di educazione orchestrale, pensasse a me come referente. Fui coinvolta insieme a Bernardo Donati, che lavorava al suo fianco per la parte teorica del progetto, mentre il convegno Musica e Società inseriva la Scuola da protagonista nel nascituro Sistema italiano delle orchestre e dei cori giovanili e infantili. Incontrammo insieme il fantastico professor Testi, preside della Scuola Duca d’Aosta alle Piagge e lavorammo alla struttura delle lezioni collettive. Claudia Propato, Umi Carroy e Bernardo Donati iniziarono con le lezioni di ritmica, e nel marzo del 2012 Marco Scicli, Michele Lanzini ed io partimmo con le lezioni orchestrali ai primi 15 bambini, provenienti in gran parte da famiglie immigrate.
L’8 giugno l’Orchestra delle Piagge debuttava in un concerto solo apparentemente periferico, al Circolo ARCI: si mobilitarono (facendoci rischiare l’infarto!) RAI3 e tutte le principali testate giornalistiche nazionali, da Repubblica al Corriere della Sera.
Le Piagge sono state per me in quel primo anno e anche nei successivi quattro un’esperienza bellissima ed entusiasmante, con numeri in rapida crescita che hanno portato poi all’aggiunta degli strumenti a fiato e alla stabilizzazione di quella prima, pionieristica incursione fiesolana nel Quartiere 5.
Il Nucleo Orchestrale delle Piagge prosegue il lavoro con bei risultati (io ho lasciato nel 2017) sotto la guida di Marco Scicli e la collaborazione di ottimi docenti come Luigi Daniele Cantafio, Lisa Napoleone, Luna Michele, Filippo Daga e altri bravi giovani ex allievi della Scuola.

A quella incursione ne sono seguite altre… ci racconti di ConcertAzioni?
Nel 2016 fui contattata dalla vicedirigente della scuola Duca d’Aosta delle Piagge per partecipare ad una riunione di vari partner del Quartiere 5, che intendevano concorrere ad un bando dell’impresa sociale Con i Bambini, appena costituita per attuare i programmi del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile col sostegno economico delle fondazioni bancarie riunite in Acri.
Era un bando molto ricco, al quale aveva deciso di partecipare il Consorzio Martin Luther King, che riunì 14 diverse realtà del Quartiere 5; tra i partner c’era appunto l’Istituto comprensivo Gandhi – Duca d’Aosta, il plesso scolastico per la primaria con la più alta densità di immigrati di Firenze. Nel bando era prevista anche l’attività orchestrale, e la presenza della Scuola dava garanzie sulla qualità del progetto. Ci impegnammo a fondo, con Umi Carroy e il prezioso aiuto del mio amico Bernardo Donati e, dopo quasi due anni di riunioni e rimodulazioni, il Progetto ConcertAzioni è risultato vincitore del bando.
La nostra attività didattica si svolge presso l’Istituto Sassetti Peruzzi, una scuola superiore con indirizzo turistico, sociosanitario e commerciale: l’utenza è rappresentata per oltre il 50% da ragazzi cinesi, e molti sono gli studenti di origine araba e africana. La dispersione scolastica è elevata: i ragazzi cinesi, raggiunti i 16 anni, entrano generalmente nel mondo del lavoro e lasciano la scuola.

Come è composto il vostro gruppo di docenti?
Oltre a me (che insegno violino e dirigo il gruppo) ci sono Lisa Napoleone per i violoncelli, Luna Michele che cura la ritmica e le viole, Gabriele Nardoni per sax e clarinetto, Roberto Prezioso che prepara alcuni arrangiamenti e segue tromba e trombone, mentre Chiara Saccone cura i pianisti e accompagna al pianoforte sia le lezioni di orchestra sia quelle di ritmica. Siamo riusciti a far suonare tutti, e prima del disastro pandemico eravamo arrivati a coinvolgere nell’orchestra 17 ragazzi.

E adesso come va?
In questo momento è tutto ancora più complicato, e siamo molto preoccupati perché alcuni ragazzi non sono in condizione di partecipare alla didattica online: mancano dei supporti tecnologici e delle condizioni ambientali per poter seguire una lezione di musica a distanza, e molto spesso non possiamo far riferimento alle famiglie, perché nella migliore delle ipotesi i genitori non parlano la nostra lingua, ma altrettanto frequentemente si tratta di nuclei disgregati e problematici.
Provo gran tenerezza per un mio allievo, che adora il violino e vorrebbe comporre musiche per i manga giapponesi – la sua grande passione – e quest’anno tra confinamento e zona rossa è rimasto purtroppo escluso dall’attività musicale.
Ci siamo tutti affezionati a questi ragazzi, che continuano a sorprenderci per quello che riescono a fare; speriamo tanto di poter riprendere presto a lavorare con loro.

Tornando a Fiesole, oggi ti occupi anche dell’ensemble Crescendo Molto
Ad un certo punto Brigitte Mancini dovette interrompere la sua attività di docente, e un piccolo concorso individuò come nuovo insegnante Marco Scicli.
Abbiamo cercato di differenziare l’attività, e soprattutto di inserire in due ensemble diversi i bambini più piccoli e i ragazzini un po’ più grandi, com’è giusto per tutti. I ragazzi che fanno parte del gruppo Crescendo di Marco Scicli provengono dai Piccolissimi Musici di Marina Raimondi, mentre Crescendo Molto è l’ultima tappa di preparazione prima di entrare nell’Orchestra dei Ragazzi: so bene quanto sia importante che l’ingresso in orchestra avvenga quando si è pronti a dare il proprio contributo, e perciò considero fondamentale un contatto continuo con l’amico e collega Edoardo Rosadini, che viene spesso a trovarci. Lascio talvolta a lui la direzione dell’ensemble, e lo prego di venire spesso “a spaventarci”, ma in realtà ciò che avviene è che i ragazzi siano sorpresi e rapiti dal suo entusiasmo.

Che mi sembra continui ad essere anche il tuo…
Proprio così, e anche per questo soffriamo tutti molto, in questa congiuntura pandemica.
Fortunatamente la Scuola è rimasta aperta, e quindi una parte dell’attività è in presenza (pur con tutte le precauzioni del protocollo sanitario), perché la didattica a distanza non è certo il massimo per questo tipo di lezioni.
Ho dovuto dividere i 25 ragazzi di Crescendo Molto in due macrogruppi, e poi di nuovo in gruppi ancora più piccoli, con cui lavoro online e a Scuola.
Nelle nostre lezioni sono normalmente previsti il canto e il movimento, ed anche esperimenti di direzione affidata agli allievi, mentre io prendo il loro posto ed il loro strumento in orchestra… tutto questo non si può fare, adesso, e così sto cercando soluzioni creative perché la lezione in sicurezza sia comunque divertente ed efficace: sabato scorso, ben distanziati nella Limonaia, abbiamo suonato insieme il canone (che tutti conoscono a memoria) con gli occhi chiusi.
I ragazzi erano molto emozionati, ed io con loro. Stare con loro mi piace molto, mi incuriosisce scorgere nelle loro parole l’emergere delle differenti personalità; non transigo sull’educazione, ma chi mi conosce sa che anche la signorina Rottermeier ha un cuore.
Soprattutto sono convinta che la Scuola sia speciale proprio perché basata sull’accoglienza dei piccoli: spero che quando riusciremo a riprendere le attività collettive il nuovo direttore artistico Alexander Lonquich verrà a vedere il nostro lavoro, e attendo il suo contributo di competenza e fantasia (anche critico, se necessario!) al miglioramento della nostra offerta formativa.
La base è la Scuola di Fiesole, e lo dico con tutta la convinzione che traggo dalla lunga esperienza iniziata a sei anni nel coro di Joan Yakkey: sono tornata qui per partecipare alla formazione dei più giovani, perché mi sembra bello e importante fornire loro i giusti mezzi per accostarsi all’inesprimibile, magica emozione del far musica insieme.

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