Durante la prima fase della pandemia ci siamo commossi e inteneriti di fronte al breve video nel quale Piero Di Giuseppe duettava a distanza con una piccolissima e concentrata chitarrista, circondata dai pupazzi di peluche nella sua cameretta.
Della capacità di creare un contatto didattico, musicale e soprattutto umano con i più giovani, Piero Di Giuseppe ha dato prova fin dall’inizio della sua esperienza di insegnante.
Raccontaci la tua storia
Sono nato a Taranto, dove ho vissuto fino ai 20 anni. Fin da piccolo sono stato attratto dalla musica, ed ho iniziato presto a suonare la chitarra, ma non ho subito compiuto un percorso strutturato. Si trattava di una dimensione libera nella quale ho cambiato vari insegnanti, comportandomi essenzialmente da autodidatta.
Nel frattempo, sempre continuando a pensare che la musica dovesse avere una parte importante nella mia vita, ho frequentato l’istituto magistrale, ma per molto tempo non ho inquadrato con precisione un obiettivo: suonavo la chitarra, ma ero interessato anche al flauto. Così, quando mi sono trasferito in Toscana, il mio primo progetto prevedeva la preparazione all’ammissione al corso di flauto del Conservatorio Cherubini.
E lo hai fatto?
Quasi… ho preso lezioni di flauto per un anno, a Firenze, mantenendomi intanto con mille lavoretti. Ho cominciato a frequentare i concerti, ed oltre ad ascoltare tantissima musica ho conosciuto molte persone: così ho “scoperto” l’esistenza della Scuola di Musica di Fiesole, e alla fine sono tornato al mio primo strumento: nel 1991 mi sono iscritto alla Scuola, e sotto la guida di Silvano Mazzoni ho iniziato tutto daccapo.
Che tipo di rapporto didattico si è instaurato con lui, considerando che eri un allievo adulto?
Fin da subito di grande rispetto e ammirazione per le sue qualità straordinarie di musicista e insegnante. La mia gratitudine nei confronti di Silvano è immensa: sono consapevole di essergli debitore di tutto, a cominciare dalla cura appassionata che ha messo nel guidarmi durante tutto il percorso formativo, fino al diploma.
Sono grato a Silvano Mazzoni anche di aver creduto in me, offrendomi il ruolo di assistente con gli allievi più piccoli, perché da questo primo incarico sono nate via via le opportunità che mi hanno condotto ad essere un docente della Scuola.
La passione didattica fiesolana ti ha contagiato
Posso dire di essermi innamorato subito della Scuola, e di aver colto con entusiasmo le tante occasioni di crescita che mi ha consentito l’esserne parte.
La chitarra non aveva sviluppato fino a quel momento a Fiesole uno specifico indirizzo rivolto al settore infantile e così, incoraggiato dal mio maestro e dalle indicazioni della direzione artistica di quegli anni, ho cominciato a dedicarmi ad una didattica sperimentale per i più piccoli. L’insegnamento ai bambini si inquadrava perfettamente nella filosofia fiesolana, che nella precocità dell’avvicinamento alla musica identifica uno dei suoi tratti distintivi.
Perciò ti sei guardato intorno…
Esatto. Ho cercato di capire come funzionavano le cose nelle altre classi di strumento dedicate ai bambini, e applicato alla chitarra quello che vedevo realizzarsi nel percorso degli archi, in classi come quella di violoncello di Alice Gabbiani. Posso dire che anche in questo settore ho raccolto i frutti dell’esperienza della Scuola, e adattato la didattica classica della chitarra ad un approccio più adeguato all’età dei piccoli allievi. È stato un processo naturale e armonico, iniziato dopo il diploma con un piccolo laboratorio per allievi giovanissimi, divenuto poi un corso a tutti gli effetti.
E oggi? Com’è la tua classe?
I miei allievi sono adesso una ventina, e frequentano il percorso preaccademico. La classe è composta per metà circa da bambini tra i 6 e i 12 anni e per il resto da ragazzi più grandi.
Qual è la motivazione della scelta dello strumento? Si immagina che, almeno per gli adolescenti, la chitarra sia preferita perché elemento aggregante nel gruppo di amici
Nell’idea generale la chitarra è lo strumento dei ragazzi, e quindi l’aspetto popolare è spesso alla base della decisione di iniziare a studiarla, ma tutto dipende dall’età: i piccoli sono più aperti e si appassionano facilmente a ciò che viene loro proposto, mentre gli adolescenti hanno un’idea magari più definita dell’obiettivo, ma spesso soltanto perché ignorano inizialmente la vastità del repertorio. La chitarra ha un repertorio nobile, di tutto rispetto, la cui conoscenza non è purtroppo così diffusa, ma stiamo migliorando, anche perché sono gli stessi allievi ad esserne conquistati quando iniziano a conoscerlo.
Nel frattempo i tuoi bambini diventano sempre più bravi, e spesso si distinguono anche nei concorsi di esecuzione musicale
Capita di avere bambini particolarmente in gamba, e credo che sostanzialmente questo sia legato alla precocità dell’inizio, ovvero al percorso che permette loro di esprimersi in modo naturale attraverso la musica via via che si compiono le tappe della loro crescita.
I buoni risultati sono il frutto di quello che si fa a Fiesole, dove si cerca sempre di far crescere gli allievi in un ambiente il più possibile stimolante. Questo porta i ragazzi più motivati a impegnarsi a fondo, ottenendo risultati veramente notevoli: è il caso di Giovanna Carrillo Fantappiè, che si è affermata in diversi concorsi importanti, così come Ferruccio Ianni Abrami, che l’anno scorso ha vinto due concorsi; negli anni precedenti si erano distinti Federico Pavoni e Jacopo Zolli. Nel 2019 ho avuto l’onore e il privilegio di essere anch’io premiato, come insegnante, al 25° Concorso Chitarristico Nazionale “Giulio Rospigliosi”.
Uno dei motivi per cui penso che questo tipo di didattica sia efficace è l’inserimento precoce nell’attività cameristica, cioè il fatto che i ragazzi inizino subito a suonare insieme.
Un’altra delle parole d’ordine della Scuola… ma come possono i piccoli chitarristi inserirsi nelle orchestre infantili?
Non possono, purtroppo, per motivi legati alla sonorità dello strumento, che sparirebbe accanto agli archi, per non parlare dei fiati. Per questo cerco di far suonare i bambini ed i ragazzi in piccole formazioni chitarristiche, dal duo al quartetto, che consentono a tutti di sperimentare il piacere di suonare con gli altri e di migliorare sensibilmente. C’è un utile repertorio di trascrizioni per questi ensemble, e all’occorrenza anch’io preparo il materiale necessario.
Nel corso medio si cominciano ad affrontare repertori con altri strumenti, in particolare flauto e violino, questo naturalmente non appena gli allievi acquisiscono un livello tecnico adeguato.
Giovanna per esempio, nel corso avanzato, suona in duo col violinista Amedeo Ara della classe di Èva Erna Szabó, mentre altri allievi hanno collaborato con i flautisti delle classi di Claudia Bucchini e Silvia D’Addona.
Il quartetto di chitarre è un ottimo strumento di lavoro, ed è anche fonte di esperienze importanti. Penso ad esempio al Quartetto Corde Gioiose, cui sono stati addirittura dedicati dal compositore francese Laurent Méneret due nuovi pezzi: ascoltando in rete i ragazzi in alcuni suoi lavori, Méneret ne ha apprezzato sentitamente l’esecuzione e così Moon Tango (2018) e Nuit d’envol (2020) – pubblicati dalla prestigiosa casa editrice canadese Les Productions d’Oz – recano la dedica ai giovanissimi chitarristi della Scuola.
Una bella soddisfazione! E come vanno invece le cose nei corsi avanzati?
Quest’anno ci sono molte novità: dopo tanti anni d’insegnamento appassionato, Silvano Mazzoni ha deciso di lasciare la Scuola, dopo che l’improvvisa scomparsa di Alfonso Borghese, nel gennaio 2020, aveva già determinato l’esigenza di designare nuovi insegnanti. Così sono arrivati Duccio Bianchi, Stefano Brondi e Luigi Attademo, oltre a Raffaello Ravasio per il triennio aretino.
A proposito di Alfonso Borghese, che tutti ricordiamo con affettuoso rimpianto e gratitudine per quanto ha dato alla Scuola in oltre trent’anni di attività didattica, quali sono i tuoi ricordi personali?
La figura di Alfonso Borghese è stata fondamentale, e la sua scomparsa ci ha davvero sconvolti. Ho avuto molte occasioni di essere ascoltato da lui, negli anni di studio, e poi l’onore di divenirne collega. Alfonso ha formato moltissimi allievi, proseguendo a Fiesole insieme a Silvano il percorso didattico iniziato tanti anni fa da Alvaro Company, i cui frutti sono internazionalmente riconosciuti da molto tempo.
Quali sono le caratteristiche di questa scuola?
Estrema accuratezza dell’impostazione tecnica, consapevolezza assoluta dei contenuti musicali, e approfondita ricerca della qualità del suono. Sono tutti aspetti oggi sicuramente presenti nella maggior parte delle scuole chitarristiche più qualificate, ma Company è stato sicuramente un pioniere.
A Fiesole la tradizione è continuata appunto con Silvano Mazzoni e con Alfonso Borghese, entrambi allievi di Company. Sotto questo aspetto l’avvento di Duccio Bianchi, Stefano Brondi e Luigi Attademo rappresenta un elemento di continuità ed anche un’apertura al nuovo.
Come avete organizzato il lavoro nel dipartimento, di cui da pochi mesi sei il coordinatore?
All’inizio dell’anno abbiamo ridefinito la configurazione dei corsi accademici e dei rispettivi insegnamenti, sulla base di quanto previsto nel piano di studi, e ho dato anch’io disponibilità a tenere alcuni corsi del triennio. Abbiamo appena completato la revisione dei programmi, che è stata approvata dal Direttore artistico, e ci stiamo confrontando su alcune scelte di percorso che riguardano anche l’arpa, visto che il Dipartimento di corde pizzicate comprende i docenti di questo strumento, ovvero Susanna Bertuccioli, Luisa Prandina e Lincoln Almada.
Di cosa vi state occupando?
Ad esempio della pratica pianistica, che per le arpe conserverà più annualità, mentre rimarrà per i chitarristi solo per un anno, alla fine del corso preaccademico medio, come valido aiuto allo studio dell’armonia. So che i pianisti vedono le nostre unghie con raccapriccio, sulla tastiera, ma crediamo che la posizione della mano non sia per noi un aspetto fondamentale.
Nel triennio invece la pratica pianistica sarà sostituita da un approfondimento nel campo della letteratura dello strumento.
A proposito della letteratura, com’è il rapporto dei chitarristi con la musica antica?
L’antenato della chitarra è il liuto, uno strumento apparentemente molto vicino ma in realtà differente sul piano tecnico perché ad esempio, invece delle unghie della mano destra, si utilizzano i polpastrelli (tuttavia il collega liutista Gian Luca Lastraioli ci assicura che in alcune epoche si è suonato anche con le unghie…).
Esistono moltissime trascrizioni per chitarra della letteratura liutistica. Da alcuni anni la rinascita dell’interesse verso la musica antica ha ricondotto questo repertorio agli strumenti originali ma comunque, similmente a quanto accade per esempio nel pianoforte con la letteratura clavicembalistica, si continua anche a suonare la musica antica con strumenti moderni.
Dal passato al futuro: cosa vorresti dalla Scuola di domani?
Ho avuto moltissimo dalla Scuola in ogni fase della mia permanenza a Fiesole, come allievo prima e successivamente come docente e come musicista. Vorrei che continuasse ad essere vivo lo spirito che sempre l’ha guidata, e vorrei che si ampliasse ancora lo spazio destinato al nostro strumento. Sono molto fiducioso su entrambi i fronti…
8 febbraio 2021